Andrea Calestani Photographer

Bologna

Non lo sappiamo, ma dentro ogni città c’è una calamita che ci attrae. Non sappiamo se e dove la incontreremo. Non sappiamo diventeremo oggetto della sua ineluttabile attrazione. Non sappiamo in effetti della sua esistenza. Eppure, c’è.

Prendendo il treno per Bologna ho spesso ordinato qualche idea fotografica nella mia mente. Lì di passaggio, senza pretese documentariste particolari. Se non altro per il fatto che avevo deciso di portare con me la macchina fotografica, e a casa senza una fotografia non ci torno mai. Poi accade a mia insaputa, passo dopo passo.

Certo, d’impeto risalgo per via Dell’Indipendenza fino a Piazza Maggiore. Lì so per certo accade sempre qualcosa, mi dico. Quel luogo è il palcoscenico cittadino, da cui impossibile prescindere per gli incontri della sua gente: attori e comprimari. I passi s’infittiscono, uno appresso all’altro: già sento stanno seguendo il flusso magnetico di cui dicevo. La macchina salda nella mano destra, obiettivo aperto. Le prime volte me lo chiesi che posto poi fosse quello dove finivo per arrivare e fotografare.

Non che conoscessi alla perfezione la topografia di Bologna, eccetto quello squinternato, psichedelico appartamentino di “fuori sede” in via Mascarella dove mio figlio compì il primo triennio universitario. Le lame di luce traversa sotto i portici: chiari, scuri, ombre buie, luce accecante. Smanetto avanti e indietro con il diaframma: chiuso, aperto.

Poi imparai a leggere la targa toponomastica: via Zamboni. La via delle università, degli universitari per antonomasia. Take-a-way e copisterie, oltre l’affaccio delle sedi accademiche. Sono stati poi quei grumi di ragazzi nel loro quotidiano andirivieni per i doveri didattici, intervallati da un trancio di pizza freddata in strada, che hanno impresso il mio immaginario fotografico.

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